martedì 30 dicembre 2014

Lettera dal passato che parla di futuro

Non riesco ad immaginare cosa possa regalarmi il nuovo anno.
Riesco invece a pensare a tutto quello che mi hanno dato questi quarant'anni.
Cose molto belle, cose belle, cose meno belle.
Cose così così.
Vita, che amo e che ringrazio.

Una vita fatta di tantissime mie parole, quasi a volte allo sfinimento di chi è in ascolto.
Ma anche una vita fatta di tantissime parole altrui... ascoltate, trovate, assorbite.
Tra queste, c'è una lettera che mi commuove molto e che continua a sorprendermi per l'intensità del suo amore espresso.

La scrive una giovane moglie al suo sposo, lontano da casa.
Un giovanotto che ha conosciuto la guerra e l'ha potuta raccontare ai suoi figli.
La lettera è firmata Teresa, una giovane donna che è poi diventata mia nonna e si rivolge a Rocco, il suo sposo amato e mio amato nonno paterno.

Nel '37 erano giovani, più giovani di me adesso, con meno possibilità per rimanere connessi ma con una grande volontà di raccontarsi e ritrovarsi nelle loro parole capaci di fotografare luoghi ed emozioni.

La data del 31 agosto, poi, nella storia della mia famiglia ha rappresentato un inizio importante, fatto - al di là dei legami semplici e formali - di profondo amore a prescindere... e mi piace ritrovarlo in un'epistola lontana e inconsapevole.

                                                                   Gioiosa Jonica, 31 Agosto 1937

Carissimo sposo mio bello.
Amatissimo Tesoro mio nel profondo silenzio e nella desolazione, penso il mio carissimo bene che si trova lontano della sua cara Teta.
Mio Rorò oggi prima di tutto mi recai in campagna per prendere qualche altro fico che stanno finendo e fiche d’india e a dirti la verità mi trovavo disperata che non avevo avuto tua notizia per sapere la tua salute come va.
Ho domandato a tuo fratello che dice che guarisce Roccuzzo... chissà come si trova in questo momento e lui mi disse non state in pensiero che lui si trova bene.
Gioiello mio non posso prendere pace un minuto pensandoti, figurati tu il cuore della tua sposa che ti ama.
Poi sposo carissimo vengo a casa e mi butto un po’ sopra il letto e cosicché alzandomi vedo sotto il portone una tua cartolina.
Leggendoti sento che stai un po’ meglio e cosicché mi sento più animata.
Mio lontano Rorò sono trascorsi questi giorni di festa e furono giorni per me dolorosi che tu non ti puoi immaginare che solo quando vieni possiamo sfogare tutti e due. Incominciò la festa e il mio cuore si è chiuso.
Poi domenica l’ho fatta piangendo pensandoti, che son venuti quelli di Martone e io mi trovavo a letto.
Domenica sento bussare.
Mi alzo.
Erano il marito e la moglie e non hanno voluto salire che mi dissero che quando vieni tu ritornano.
Angiolo mio come sono brutti questi giorni che dobbiamo trascorrere ancora chissà quanti di lontananza e poi così tristi che ha voluto la fortuna, ma ringraziamo il Signore con la faccia per terra che ti trovi un po’ meglio e che l’operazione è andata bene.
Gingillo mio è da quel giorno cioè di lunedì che accendo la lampada con l’immagine di San Rocco, di Sant’Antonio e della Madonna che loro mi fanno la grazia per carità e mi consolano.
Spero che questa mia ti trovi ancora meglio e spero che questi giorni passassero perché sono così lunghi e tristi che sembrano dei secoli.
Mio Rorò se sapeste Liana quando ho preso la tua cartolina si mise a baciarla chiamando papà!
...Papà… e baciando e ribaciando e carezzando me come quando che essa capiva che ti trovi meglio. Rorò non puoi vedere come mi combina di carezze e di baci.
Quando vieni te la mangi.
Non altro.
Ti salutarono i tuoi e i miei genitori e tuo fratello e ora ti saluto io e ti bacio e ti abbraccio forte al mio cuore.
Rorò mio ti amo e ti adoro sono tua cara sposa Teta, ti bacia Liana. 
Fatti fare due o tre mesi di convalescenza.
Per noi non pensare niente che stiamo bene assieme alla pupa.  

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