In tutto questo susseguirsi di apparente tranquillità e temporali estivi, Sofia ha compiuto
gli anni.
Nove per l’esattezza.
Rimane un giorno sempre speciale quello del suo compleanno.
Per quanto scontato da dire, il compleanno del proprio figlio è un accavallarsi
di emozioni e ricordi unici. Non è solo un “tanti auguri” estremamente carico, è davvero quel turbinio che
riavvolge il nastro e ti riporta a quel giorno in particolare, che solo da
madre sono riuscita a capire gli occhi carichi di lacrime di mia madre anche
adesso che mi guarda a quasi quarant’anni e fa finta di buttarla sul ridere: “eh…
auguri!”.
Questo compleanno poi segna l’ultimo suo da unità, prima dell’ingresso ufficiale
nelle decine… come passa il tempo e come sento sempre più il fiato sul collo
rispetto alla sua preadolescenza!
Due anni fa mi chiese di festeggiare il suo compleanno per tredici giorni di
fila, ogni giorno con un leitmotiv
diverso. Non voleva tredici feste di compleanno, voleva tredici occasioni diverse
per sentirsi importante e al centro dell’Universo. E così mi sono trovata ad
organizzare quella che poteva essere una festa patronale a tutti gli effetti,
sono mancati giusto i fuochi artificiali alla mezzanotte dell’ultimo
festeggiamento.
Una fatica ma anche un divertimento irripetibile.
Quest’anno, quando ho sentito odore di torta con le candeline, l’ho guardata
negli occhi e ho dovuto precisare che alla processione, per problemi di bilancio di previsione, avremmo dovuto
rinunciare.
Cosa regalarle diventa il melodramma a cavallo tra giugno e luglio, come tra
novembre e dicembre per i pacchi da farle trovare sotto l’albero.
Non è il mio personale, fortunatamente avendo una bambina ad alto consumo
emotivo, capisco quello che vuole o che vorrebbe fare e colgo l’occasione del
compleanno per esaudire quel desiderio in particolare.
Cosa regalarle è il dramma dei nonni paterni, i miei genitori avendo 4 figli e
10 nipoti da gestire, diciamo che hanno raggiunto una certa dimestichezza in
materia.
Il motto dei nonni paterni è da sempre: “Prendi a Sofia quello che vuole” per
sentirmi dire dopo la festa, qualunque essa sia, le seguenti parole: “Sei
sicura che volesse proprio questo Sofia? Beh… prendile qualcosa d’altro se te
lo chiede”.
Un’eterna insoddisfazione che non so come arginare.
Che mi verrebbe da dire: “Pensateci voi, non mi offendo”, ma so che poi mi ci
ritroverei con l’aggiunta di congetture che rigirano negli ingranaggi della
solitudine.
E visto che ho capito, anche se non condivido, che il regalo per il compleanno
deve far muovere l’economia italiana per essere apprezzato, quest’anno sono
arrivata a comprarle da parte loro tutto quello che avrebbe potuto volere e, in
barba alla crisi e al suo piede che continua a crescere, ha in ripostiglio 4 paia
di scarpe nuove, comprese quelle che metterà per le due ore di ginnastica a scuola
a settembre, la maglietta di Violetta, la maglietta delle Top Model e tutta una
serie di amenità.
Nonostante questo la domanda è arrivata puntuale, come la bolletta del
telefono: “Beh… prendile qualcosa d’altro se te lo chiede”.
Il giorno del suo compleanno l’ho portata in giro per Milano. Ho deciso che
quello sarebbe stato il mio personale regalo.
Ma non un giro così, abbiamo fatto come fanno le turiste con l’ombrellino in un
giorno assolato di Milano e ci siamo
fatte scarrozzare dal bus a due piani che da tempo lei guardava con stupore e su
cui sognava di salire, proprio al piano di sopra, proprio davanti a tutti.
Missione compiuta.
L’espressione di gioia e di soddisfazione reciproca non me la leverò di dosso, nonostante
dopo una buona mezzora di visita costeggiando i monumenti più belli di Milano
con in cuffia la Guida più interessante che la città potesse offrire – Sofia si
sia caricata d’emozione urlando: “mamma ha detto: a la derecha!”
Nessun regalo e nessuna moneta d’oro varranno come l’avventura milanese con la Guida
nel suo amato spagnolo da telenovelas.
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